Manoscritto arabo cartaceo completo, misurante al foglio mm. 370 x 250 ca. (prossimo al formato qat' al-nisf, analogo all’in-folio) e allo specchio di scrittura mm. 240 x 150 ca. (vicino a un qat'al-thuluth) riportante integralmente il primo juz' del Corano (I, 1 – II, 141). Carte 23 complessive [2 + 46 + 2 facciate]: 2 sguardie iniziali e 2 finali. Il codice non reca alcun colophon né altra esplicita notizia su datazione o provenienza, né sull’identità di committente o scriba. L’analisi degli elementi formali induce ad attribuirne la provenienza alla Persia orientale, verosimilmente all’area di Herat, oggi nell’Afghanistan occidentale, e a datarlo verso il finire del XVI secolo (1570 -90), in piena età safavide. Testo in arabo coranico scritto in stile muhaqqaq a modulo piuttosto ampio con sapiente finezza calligrafica disposto su 8 righi di testo a facciata e privo di reclamantes, vergato all’inchiostro nero e oro a righi alterni ad eccezione della doppia pagina di apertura (ar.: 'unwan) interamente in crisografia (ar.: tadhdhib). Il contenuto consiste nella prima di 30 ripartizioni di identica ampiezza (ar.: juz') destinate a una varietà di usi liturgici quali, ad esempio, la scansione recitativa quotidiana del libro sacro durante il mese di Ramadan. I versetti di questo primo juz' si estendono dal v. 1 della Sura I (al-Fatiha, "la Aprente"), fino al v. 141 della Sura II (al-Baqara, "la Vacca"). La prima Sura del Corano riveste la massima importanza per tutti i musulmani, di qualsiasi denominazione siano: è essa la più salmodiata e memorizzata, e costituisce una sorta di piccola summa dell’attitudine islamica nei confronti del Divino. Quanto ai vv. 1-141 della Sura "della Vacca", essi pongono a tema la distinzione tra credenti e miscredenti, la creazione dell’uomo e i miti narrativi sull’origine del male: dalla prima ribellione di Satana nel suo rifiuto di prosternarsi di fronte all’essere umano alla disobbedienza di Adamo ed Eva, culminata nella cacciata dal Giardino. L’ultima parte del primo juz' tratta infine dei popoli eletti da Dio a conservarne e diffonderne il Verbo, in particolare degli Ebrei discendenti da Abramo. Opera di eccelsa maestria appare la preziosa legatura, dal piatto anteriore in pelle fornito di ribalta simile a una parete d’oro in foglia abbellito da finissimi arabeschi a rilievo bassissimo e ornato dalle tradizionali mandorle, due minori speculari centrate su una maggiore. Notevoli i contropiatti in marocchino, dall’intricata e sovrabbondante serie di intagli e intarsî metallici inseriti, colorati a vivacissime tinte alternanti. Questo favoloso codice si è preservato fino ad oggi in condizioni eccezionalmente buone, nonostante gore d’acqua evidenti sulle sguardie e assai più tenui al margine superiore dei fogli, e tracce d’uso concentrate agli angoli inferiori delle carte.
Il manoscritto esibisce un apparato decorativo sontuoso dalla fattura assai raffinata, segno dell’altissima committenza di rango nobiliare o cortese. Esso vanta un apparato decorativo di profusione, varietà e maestria squisite, come si può notare dal glorioso decoro dello 'unwan, caratterizzato da elementi "persiano-orientali" informati a una finissima simmetria dal contrappunto rigoroso, circondata da un glorioso sfondo "a tappeto" lapislazzulo minutamente venato di racemi policromi, su cui poggia un’alternanza di medaglioni amigdaloidi contesti di stupende nervature cromatiche. Meritano menzione anche la virtuosistica giustapposizione cromatica della cornice decorativa delimitante lo specchio di scrittura (pers.: jadval) che comprende ben dieci filetti colorati affiancati a bande di varia larghezza, come pure l’eleganza del decoro pertinente al testo: rosette e medaglioni marginali, policromi anch’essi, di forma discoidale e dentellati, realizzati esternamente allo specchio di scrittura a prescrivere l’inchino rituale (ar.: ruku') o la prosternazione (ar.: sujud), nonché i segni separatori dei versetti conformati a mo’ di gomitoli pentagonali in oro. Si può istituire un confronto dal proficuo parallelismo tra l’architettura decorativa di questo juz' e quella del Corano safavide in crisografia proveniente da Herat e posto all’incanto da Sotheby’s il 27/10/2021 (lotto 109). Scheda a cura di Alessandro Balistrieri.