In-4° (mm 180x115). Testo gotico in rosso e nero su due colonne, inquadrato dal commento. Frontespizio e ultime carte bianche fittamente annotate. Altre annotazioni nel testo. Strappetto all'angolo di C2 con perdita del testo. Assenti le carte C4-C8 e Z3-Z6 e 2 delle 4 carte finali bianche aggiunte per i commentari. Qualche lieve alone, principalmente marginale. Primi 4 e ultimi 4 fascicoli staccati. Legatura originale con piatti in legno (difetti).
Il volume contiene alcune postille anonime dell'inizio del XVI secolo che raccolgono enunciati “Nota quod [...]”. Si tratta di brevi testi in latino di ambito legale tratti dal Corpus iuris Civilis (Corpus Giustinianeo), come “Nota quod pro monstro et in maior sit filios quam pater”, ma anche proverbi (“Nota quod dulcior est fructus post multa pericula ductus”), e note di teologia morale. Una di queste - “Frangenti fidem fides frangatur eidem” – è desunta da S. Agostino e si ritrova anche nell’opera di Pietro de Trabibus (seconda metà del XIII secolo), francescano fiorentino di Santa Croce a Firenze, il quale trattò anche casi riguardanti l’usura e la vita economica fuori dal convento, pertanto di questioni di grande interesse giuridico e politico. Una curiosità: l’opera di Pietro de Trabibus è tramandata unicamente da un codice proveniente dalla biblioteca del convento di Santa Croce, che reca una nota di possesso riferita ad Andrea Mozzi, custode e lettore in Santa Croce all’inizio del XIV secolo, e nipote dell’omonimo vescovo di Firenze collocato da Dante nell’Inferno tra i sodomiti. Sono anche presenti il nome di un antico proprietario dell’esemplare – Galianus –, alcuni appunti, e in fine (sull’ultima carta), gli enunciati sono seguiti da alcuni versi in italiano: “Tanto me Valeria rispose il come il regal manto senza rectitudine quanto fa [...] gettata in un fonte da un fiume che sia pieno damaritudine che ognun singegna per piano e per monti quella fugir con gran solicitudine [...]”. ISTC ij00535000; IGI 5517; GW 7629; Goff J535; H 9528*.