Auction 54 / Books, autographs and manuscripts

tue 8 OCTOBER -  thu 10 OCTOBER 2024
Lot 102

Prezioso Corano settecentesco, manoscritto e miniato su carta, in legatura coeva

Qastamuni Muhammad

Islamismo, Miniatura, Religione, Religione, Collezionismo e Bibliografia

Copia integrale del Corano.

Composta nel sobborgo di Dizdariye, presso Costantinoopoli, nel 1759.

304 carte [1+301+2], per 601 facciate totali di testo – da 1v. a 301v., con 1 carta di sguardia iniziale e 2 finali. Dimensioni medie del foglio: mm. 170 x 105 ca.; dello specchio di scrittura: mm. 125 x 70 ca.; testo arabo in stile hawashi (una calligrafia naskh di piccolo formato) ottomano, disposto su una singola colonna di 15 righi di testo a facciata vergato all’inchiostro nero, con elementi soprascritti di supporto alla lettura segnati in rosso (v. sub) e assenza completa di note marginali – eccezion fatta per la numerazione di ajza’ e sujud (v. sub). Il manoscritto è abbellito da un ricco sistema decorativo convenzionale, reso maggiormente prezioso da una doppia pagina di apertura (‘unwan) splendidamente ornata di policromie in oro, blu lapislazzulo, nero e rosso scuro a fare da sfondo a magnifici intrighi floreali, e che presenta, a pie’ di ciascuno dei due pannelli testuali, una coppia di finissime illustrazioni prospettiche “aeree” dei due più venerabili santuarî (al-Haramayn) dell’islam. La prima delle due immagini raffigura il Masjid al-Haram, ossia la “Grande Moschea” della Mecca (visibile al centro la Ka’ba, o “Pietra nera”), mentre la seconda rappresenta il Masjid al-Nabawi, vale a dire la “Moschea del Profeta” a Medina, comprendente il sepolcro di Maometto. Ambedue le miniature sono illuminate in una profusione di dettagli architettonici e ambientali, nel solco stilistico delle iconografie, presenti in varie copie ottomane coeve, del celebre testo devozionale intitolato Dala’il al-Khayrat. Il testo coranico è incorniciato dall’usuale bordura rettangolare policroma (jadwal). All’interno del testo, i versetti (ayat) sono separati da elementi a dischetto in corpo di rigo (shamsa) verde pallido o dorati, mentre i cartigli rettangolari destinati alle intitolazioni delle singole Sure sono costituiti da semplici bande orizzontali di colore prossimo al verderame e contenente il nome della relativa Sura, originariamente ad inchiostro bianco e visibile in controluce. Soprascritti al corpo del testo si notano le abbreviazioni rubricate funzionali a indicare i varî tipi di pausa ritmica per la corretta salmodia (tajwid) del testo sacro. Le 30 sezioni di identica lunghezza in cui è liturgicamente ripartito il testo coranico (ajza’, plurale di juz’) sono decorativamente segnalati (a eccezione di quello iniziale, non marcato) da 29 splendidi medaglioni, posti a margine del testo e ciascuno individualmente formato, a motivi floreali o asteroidi dal ricco e contrappuntato colorismo. Analogamente si ritrovano lungo il manoscritto 14 medaglioni similmente concepiti, pensati per segnalare al fedele l’obbligo di prosternazione (sajda) in corrispondenza del relativo versetto. Legatura in pelle scura parzialmente rovinata, dotata di ribalta, con impressioni a secco e decoro a mandorla centrale presente sul solo piatto posteriore, altrove incorniciata da una doppia banda rettangolare perimetrale ornata da motivi modulari “a nodi”. Condizioni generali più che discrete, nonostante occasionali macchioline e trascurabili sbavature di inchiostro.



Manoscritto arabo completo su carta vergellata e polita, consistente in una copia integrale del Corano composta nel sobborgo di Dizdariye sul Mar di Marmara (a una trentina di chilometri a ovest di Istanbul) e portata a termine al primo giorno del mese di Sha’ban dell’anno islamico 1172, corrispondente a venerdì 30 marzo 1759 nel calendario gregoriano per mano dello scriba, il menla Muhammad Qastamuni (v. sub). Il colophon finale, in arabo (c. 301v.), si estende per ben sette righi e così recita – tradotto in italiano: “Ecco terminata la copiatura di questo Nobile Corano, il settimo / con l’aiuto dell’Altissimo, per mano dell’indegno, meschino servitore, bisognoso di misericordia / del Munifico Signore, il Maestro [in turco menla, dall’arabo mulla] Muhammad di Kastamona (Qastamuni) – possa Iddio avere pietà di lui e dei suoi genitori, / e possa Egli beneficare loro e lui stesso – al principio del mese di Sha’ban, il giorno nuovo al tempo / dell’alba, nel quartiere di Dizdariye, dell’anno 1172. / Oh, Dio, concedi grazia a coloro dei quali tra i Tuoi servi Tu sia soddisfatto / di noi che chiediamo l’intercessione del Tuo venerabile antico Libro e del generoso Profeta. Sia lode a Dio, il Signore!” Lo scriba menzionato al colophon è lo Hafiz (“custode” del Corano, ossia un devoto musulmano che lo abbia interamente memorizzato) Muhammad Qastamuni – proveniente dalla città turca oggi chiamata Kastamonu, capoluogo dell’omonima provincia nordoccidentale che si affaccia sulle coste anatoliche del Mar Nero –, con buona probabilità specializzato nella copia del Corano, in quanto trascrittore, per sua stessa dichiarazione (al colophon) di altri sei Corani precedenti a questo, che sarebbe appunto “il (suo) settimo”. Questo manoscritto costituisce una significativa testimonianza del livello di raffinatezza, sia calligrafica che decorativa, che potevano raggiungere i manoscritti coranici ottomani prodotti nei dintorni della grande capitale Costantinopoli all’epoca del colto e sagace Sultano Mustafa III (r. 1757–‘74), che fu testimone impotente dell’incontrovertibile declino della Sublime Porta, ad onta dei suoi coraggiosi tentativi di riforma dello Stato.

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EUR 2.400,00
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