Manoscritti a inchiostro marrone scuro. 3 carte scritte recto e verso. Conservate 2 carte ripiegate che ebbero il ruolo di buste. Su queste presenti le nizze con sigilli a secco. Dimensioni varie.
Giovanna Maria Bonomo (1606-1670) venne beatificata da Pio VI nel 1783. La destinataria delle lettere è la cugina, sposata con Giovanni Cavara di Nilderaus, che abitava in Borgo Valsugana. Interessanti documenti inediti che permettono di aggiungere informazioni importanti sulle relazioni vivaci e attive della donna. “[…] mi rallegro tanto tanto […] della Divina disposizione avendo piaciuto al Signore di accompagnarla con un mio caro nipote, cosa che certo mi ha sommamente consolata […] e che, con il suo valore e mezzo, ritornerà la casa Cavara al suo primiero stato sapendo ancor io quanto il signor Giovanni sia di animo generoso e nobile e bramoso anco di pace e quiete - perciò mi rallegro tanto, poiché spero che che il Signore non si stancherà anche della sua grazia ed aiuto speciale e anche di lumi e mezzi per viver in quello stato con quell'amore e carità, pace e buona corrispondenza […]” (21 ottobre 1668). “ […] la Ill.ma M. Abb.ssa dice che quanto alle due stare di orzo le terrebbe bene a conto delle regalìe, ma non può disporre per le legne perché son messe negli stessi mandàri che si levano a Vicenza da Mons.or Ill.re Sig.r Vescovo, che sono la licenza della ballottazione, sicché delle legne bisogna o dar il denaro ovvero mandar li due carri di legne all'anno […]”. La Bonomo si interessa anche di un ponte in Bassano, costruito molti anni prima dal Palladio e ora da ristrutturare: “desidero anco di sapere cosa ab(b)i(a)no fato li fachinati a Venezia circa del ponte et se anno presentà le mie letere a quelli Ill.mi senatori perché io no ne ò auto aviso di sorte […]”. (11 maggio 1669) “[…] Già intesi come VS si metteva in purga e, tal come, non mi stancherò di pregare il Signore che le faccia grazia che ne riceva tutto quel beneficio che desidera, come spero acciò possa poi con più facilità e spirito servirlo. […] Mando qui la lettera dell’Ill.mo Abb. Celin (?) il qual fu quello che a mia istanza (g)li imprestò i cento ducati ed avendo io concluso, come mi dicevano, che l'avessero soddisfatto ora lui afferma che non ha avuto sono troni 200, e ciò con non poca mia mortificazione certo - e temo che non resta soddisfatto vada per via di Giustizia e si disgusti anche meco, e possa andare da Monsig.r Ill.mo vescovo e faccia che si lamenti di me; si che, per ogni caso, prego VS per amor del Signore a veder se mai può farmi avere i 25 Ducati che lui domanda e li faccia capitare a me che io glieli farò avere sicuri e così si quieterà per ora non si disgusterà più […]”. (22 giugno 1669).