Duse Eleonora
Agli estimatori di Eleonora Duse è noto il nome del suo medico “ufficiale”: il bolognese Gino Ravà, il quale tentò di curare anche la tubercolosi e l’asma della donna. L’uomo pubblicherà, dopo la morte dell’attrice e senza preoccuparsi troppo della privacy, il libro “Eleonora Duse: note di un suo medico”. E’ ignoto ai più, invece, il nome di un altro medico, Francesco Carloni, molto più “discreto” del collega, al quale la donna era legata da profonda stima e rispetto e al quale si affidava per le cure dei suoi mali presso l’Istituto aeroterapico di Via Cavour a Firenze. Il nome di Carloni, pneumologo, non è mai stato menzionato dagli storici alla Duse. Pare che un’unica lettera dell’attrice, oggi conservata presso la Fondazione Cini di Venezia, lo nomini, ricordandolo morto per inalazioni di etere durante la Grande Guerra. Questa storia è pertanto ad oggi inedita, ma queste carte la possono svelare. «Oggi da 48 ore dopo due anni di malessere e malinconia perché respirare è vivere, oggi respiro bene e non soffro […]» (Lettera del 20 gennaio s.a.). «Le accludo il saldo della nota 1490. Le accludo lire 1500 e le domando dopo aver fatto 30 di fare 31, e andare una visita alla figlia di Caterina […]» (Lettera del 14 aprile 1911). «Per stamane non salgo le scale dello stabilimento e vado invece a cercare [..] il sole e raccoglimento di spirito in qualche “Boboli” di Firenze. Mi sento ancora troppo stanca e queste fugaci giornate di prima estate mi attirano con troppa dolce pace al core […]. Ho bisogno di scordare che sono stata malata […] (Lettera del 5 maggio 1911). «Speravo poter rimanere […] tutto l’inverno a Londra vicino alla mia figliuola, ma il freddo d’autunno a fine ottobre mi ha costretta a partire e ritornarmene a Parigi. Un forte raffreddore mi ha tenuta un po’ sofferente, ma ora sto bene» (Lettera del 22 agosto 1911). «La depressione morale e fisica non è diminuita, e mi astengo di sforzare me stessa […] e vado in vettura per un’ora o due sui colli fiorentini a fare “inalazioni” d’aria e di luce. Appena la pioggia ritornerà ritornerò anche io alla Casa Tutela di Via Cavour […]» (Lettera senza data). «Le poche ore a Ravenna si prolungano per un invito […]. Dopo domani, qui, si da Salomé di Strauss e io ho un invito ufficiale […]. La certezza che lei mi ha infuso, assicurandomi che guarirò d’ogni pleurite passata (e futura) già mi fa bene […]» (Lettera del 14 maggio s.a.). «La cura del sole non fu possibile durante il luglio a Venezia dove ogni giorno ci pioggia, tuoni e grandine. Per ora dunque pazienterò […]» (Lettera del 3 agosto s.a.). «Le scrivo […] per ottenere di buon grado […] una sosta alla mia cura […]. Ho qui un malessere d’anima, che mille circostanze altrimenti mi rinnovano ogni giorno, senza nessuna opportuna cosa o intervento che me ne svaghi il pensiero. Ho la possibilità d’andarmene all’estero […] e la strada verso Londra mi attira […]. Io credo la mia salute può sopportare la fatica del viaggio, perché il rimanere qui è per me fatica maggiore […]» (Lettera non datata) Nei telegrammi si legge: «Desidero consultarla per i metodi di cura da tenere per l’estate […]»; «Stasera parto per escursione con amaca [amica?] salute molto migliorata consentemi viaggiare»; «Arrivo martedì sera la sera stessa verso le nove la prego venire da me grazie […] anche a nome di mia figlia che è con me da due settimane […]»; «Ho passato la giornata in pineta piena di ginepro […]»; «Spero poter partire per Firenze fra due giorni raffreddore preso in viaggio mi trattiene Palace Hotel [Milano]»; «Da tre giorni febbre per iniziare cura vorrei sua visita». Una lettera è di Lina (Cordula) Poletti, scrittrice di Ravenna, donna femminista e “ribelle”, una delle prime a dichiarare apertamente la propria omosessualità, conosciuta per le sue relazioni con Sibilla Aleramo ed Eleonora Duse. Quest’ultima inizia a frequentare Lina, allora poco più che ventenne, nel 1908 ed insieme abitano a Firenze e a Venezia. La loro relazione, durata circa due anni, finì tra varie incomprensioni, anche se la nostra lettera, del 6 febbraio 1911, dimostra un grande affetto da parte della giovane scrittrice. E’ inviata a Carloni: «mi permetta di chiederle notizie della salute della signora Duse che da tanto tempo attendiamo invano qua a Roma […] intanto mio marito ed io la preghiamo di contare sulla nostra devozione […] per tutto quel complesso di prescrizioni […] che lei crederà di dover rilasciare […] durante la breve sosta romana. La signora Duse non sarà sola o con sola cameriera: illumini Ella, dottore, la nostra amichevole assistenza e congedi pure con animo tranquillo l’augusta donna che in ogni possibile futura alterazione del regolare andamento delle cose noi ricorreremo immediatamente a Lei […]».