In-folio oblungo (mm 520x390). Carte 61 (su 62) [i.e. 63 (su 64), ripetute nella numerazione le carte 4 e 18]. Il nostro esemplare è scompleto della carta 26 con la tavola n. 12. L'opera si compone di 34 carte di testo, con lo specchio di scrittura bordato da cornice tipografica e 29 (di 30) carte di tavole finemente incise all'acquaforte, quasi tutte protette da velina. Fioriture, bruniture e qualche lieve gora d'acqua concentrate sui margini, per il resto buon esemplare. Legatura ottocentesca in mezza pelle con piatti marmorizzati e titoli dorati entro tassello applicato al dorso, parzialmente leggibili; legatura internamente allentata e con piatti e dorso lisi, grande macchia nell'angolo superiore esterno del piatto anteriore. Ex-libris Thomas Langton applicato al contropiatto anteriore.
Edizione originale del diario di viaggio di Marianna Candidi Dionigi, «viaggiatrice in città perdute dal cui grembo ella non si stancava di sollecitare verità rinascenti» (Cioccolo 2007, 59); La Dionigi nel 1807 o poco prima si era avventurata alla scoperta di quel territorio allora poco conosciuto che erano le cosiddette città di Saturno: Ferentino, Alatri, Arpino, Atina, Anagni. Ne era risultata quest'opera che unisce al racconto delle bellissime tavole, su disegni dell'Autrice, in cui sono raffigurati paesaggi, piante e vedute di città, i principali monumenti, rovine e tratti di mura, scenari allora poco conosciuti appunto e dei quali esistono ben poche testimonianze figurative. Le tavole con vedute di città e rappresentazioni paesaggistiche furono affidate a Wilhelm Friedrich Gmelin, il cui nome compare su 7 incisioni (6 nel nostro esemplare, scompleto della tavola con la Veduta di Alatri), mentre le raffigurazioni dei siti archeologici vennero incise da Vincenzo Feoli (22 tavole). Una sola tavola non reca né la firma dell'Autrice, né quella degli incisori. Cfr. Cioccolo 2007, 34-35: «La Dionigi obbediva [...] al dettame di Hackert sull'escursione dal primo piano, consacrato all'esattezza di ciascuno di un'infinità di dettagli, alla totalità indistinta dello sfondo [...]. Questo filo conduttore della propria produzione artistica fu perseguito da Marianna anche nei Viaggi, dove circa un quarto delle acqueforti (sette su ventinove) [sic!], pur nell'attendibilità dell'insieme, trasmette l'incanto del paesaggio più che lo scrupolo [...]. Non a caso, il compito di delineare dai propri disegni originali questo gruppo di tavole fu affidato dall'autrice all'incisore di origine tedesca Wilhelm Friedrich Gmelin, forse il miglior specialista allora attivo a Roma».